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Il presepe di Nico Sasso
Ins: 26/12/2010 - 08:52
Autore:
Giuseppe Caccialupi

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Il presepe di Nico Sasso
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Descrizione:
Il mio nome è Nico Sasso, sono biscegliese e ho 20 anni. Sin dall’età di circa 7 anni occupo parte del mio tempo dedicandomi all’elaborazione artistica, classica o di moderna inventiva. In particolare è da circa 6 anni che dedico buona parte del mio tempo “artistico” alla progettazione presepiale, che ritengo parte essenziale della nostra cultura artigianale.
Ora, non mi ritengo né un artigiano né un artista, ma solo un appassionato di oggetti rari e particolari, per questo la maggior parte delle mie creazioni esulano dal contesto tradizionale e cercano un approccio diverso con le forme consolidate della realtà.
Nel 2010, i miei presepi sono stati esposti al pubblico nell'ambito della manifestazione organizzata dall' Associazione Borgo Antico.
Coloro che, nel periodo antecedente al Natale, hanno potuto osservare quanto da me esposto alla mostra dei presepi tenutasi a Bisceglie, tendono a sottolineare l’estro ravvisabile in oggetti unici nel loro genere, come nel caso del presepio ambientato nel Castel Del Monte o in un Tempio egizio.
Sono convinto che la bravura dell’artigiano non stia solo nella capacità di assemblare vari pezzi di un oggetto e comprenderne poi il fine, ma dare una forma ancor prima che esso nasca. Questa situazione è identificabile attraverso una naturale predisposizione elaborativa dell’artista e attraverso la sua capacità di comprendere gli aspetti teorici del suo operato.
Prendiamo in esame il presepio nel Castel Del Monte: la capacità di risolvere problemi progettuali circa la realizzazione, si ausilia della personale interpretazione immaginifica del problema e della risoluzione in chiave artistica. Le mura stesse del castello si sarebbero potute realizzare adottando gli stessi materiali dell’edificio reale, la pietra.
Il lavoro artistico richiede invece il superamento della visione nuda e cruda della realtà. Andare oltre il dato di fatto con una espressione diversa, ma dal contenuto originale: costruzione di mura con materiali e consistenze diverse, magari con quelle circa 1200 mollette di legno che ne costituiscono l’impianto principale.
Anche quest’ultimo necessariamente riletto per una migliore fruizione: le proporzioni reali dell’edificio mostrano le otto mura larghe il doppio delle otto torri angolari. Questa situazione avrebbe comportato un uso insensato degli spazi interni. Cambiando le proporzioni si sarebbe risolto il problema spaziale con le torri più grandi e i corridoi più esigui; gli ambienti principali si trovano collocati in determinati limiti rendendosi ancora più evidenti (cucine, sartoria, ambienti lavorativi e amministrativi). Certo quanto descritto risulta una parte importante del lavoro. Altrettanta menzione per l’aspetto decorativo e “abitativo” in senso largo: sia i personaggi, per quanto statici, devono “vivere” in un ambiente degno del suo compito, sia il fruitore dell’opera deve poter ospitare nella propria dimora un’opera che non scadi nella noia e nel “già visto”. La ricerca storica, autonomamente svolta, non si ferma solo alla progettazione anacronistica (rispetto agli eventi storici dell’Avvento) dell’ambiente, ma si inserisce anche negli aspetti interni agli ambienti del presepe stesso: il personaggio vive in un luogo funzionale. Attraversato il portale d’ingresso si trova chiuso fra due limiti (i tendaggi colorati designano un percorso d’entrata, il panno verde, e uno d’uscita, il panno giallo) e la prima sosta si effettua presso la “portineria dei soldati” ben visibile appena entrati nel castello (sia gialla che verde, simbolo di controllo su chiunque entra o esca). Dal medievale “ora et labora” al moderno “prima il piacere e poi il dovere”, il percorso del personaggio si snoda prima negli ambienti lavorativi, fra la bottega del falegname e del fabbro, sino alle stalle divise per categoria di animali, poi nei luoghi del piacere personale, segnato da una zona franca, un corridoio vuoto, tranquillo. Sino alla sartoria, simbolo di inventiva e libertà creativa. Il corpo trova ristoro negli ultimi ambienti delle cucine, dove la madia ricoperta di farina si affianca alle gabbie degli animali da carne. Stoviglie e accessori sono a disposizione dell’avventore, che prima di uscire dagli ambienti della società castellana, si rimpingua per la ripresa del proprio operato fuori dalle mura della fortezza. Il cortile centrale rappresenta una mediazione fra tutte queste realtà: una grande fontana e dei ripari, sia per coloro che lavorano, sia per coloro che riposano. Commistione di più genti adatta alla nascita del Re, centrale a tutta la scena.
Il presepe nel Tempio egizio presenta stesse problematiche progettuali, ma necessitato da una ricerca storica ben più ampia: l’ambiente realizzato è difatti un insieme di differenti templi realmente esistenti, da Karnak a Luxor, a Il Cairo. Questo perché non esistono più edifici di culto conservati integralmente in ogni loro forma. La volontà di edificare un plastico che fornisse l’idea di quanto gli antichi egizi realizzarono ha richiesto un lavoro di assemblaggio opportuno e una risoluzione di carattere più cultuale: la diatriba fra la religione pagana e la nuova religione cristiana, in un luogo di culto ancora integro e in chiaro uso rituale. Adottare dei simboli è una soluzione molto utile (come i tendaggi di differente colore nel castello): la presenza di un personaggio supplicante all’ingresso del tempio mostra l’atteggiamento di un sacerdote esterrefatto davanti alla distruzione dei suoi simboli, quali il disco solare del dio Ra in pezzi ai suoi piedi, segno della caduta degli antichi culti misterici. Oppure il riadattamento di simbologie antiche per ricavarne nuovi significati, come il faraone delle grandi mura che colpisce il nemico caduto in battaglia: il bene che sconfigge il male e sorge luminoso (come del resto la religione cristiana ha fatto, ad esempio, con il Natale, che per i romani era la festa del dio del sole Mitra, ripreso da religioni orientali e festeggiato il 25 dicembre). La deposizione di un “vero” Bambinello sull’altare di vero granito simboleggia ancora la vera discesa della divinità fra gli uomini (nella religione egizia nessuno poteva deturpare la sacralità degli altari su cui solo le statue di dei troneggiavano).
La mia personale ricerca del “diverso” mi porta a farmi sempre più domande e a pormi sempre più in discussione con il mondo, a cercare nuove soluzioni e visioni. Forme che adotto in qualunque ambito esistenziale. Il fatto, poi, di essere anche studente di archeologia mi porta ad incrementare la ricerca evolutiva dell’operato umano (come definito nel presepe del Dolmen, nel presepe del Tempio greco e nel presepe del Colosseo, ancora in cantiere), ma si badi bene che tutte le mie opere sono antecedenti i miei studi accademici. Sono segno di una vera passione, che non si esaurisce nel periodo natalizio, ma si perpetua nel tempo.
Giuseppe Sciascia




Foto realizzate dallo studio fotografico "Fattibene" di Bisceglie.
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